La malattia di Dupuytren anche conosciuta come fibromatosi palmare, trae il suo nome dal barone Guillaume Dupuytren, chirurgo francese vissuto tra il 1777 e il 1835, il quale si dedico’ allo studio di tale patologia dopo aver osservato che le dita del suo cocchiere tendevano a retrarsi in assenza di dolore. Essa è infatti caratterizzata da una alterazione progressiva e permanente dell’aponeurosi palmare superficiale, che normalmente è tesa a ventaglio dal legamento trasverso alla radice delle dita. Tale alterazione consiste in un ispessimento fibroso di questa struttura, che estendendosi a quelle adiacenti (cute, tendini, fasci vascolo-nervosi), provoca la formazione di noduli e l’instaurarsi di una retrazione delle dita in flessione.
EPIDEMIOLOGIA
Il picco di incidenza della malattia di Dupuytren è compreso tra i 50 e i 60 anni. La razza più colpita è indubbiamente quella caucasica, il sesso è maschile. Generalmente la malattia è bilaterale, ma lo stadio evolutivo nelle due mani è differente quanto meno nelle fasi meno avanzate. Non si è evidenziata una predominanza di una mano sull’altra, anche se in questo potrebbero giocare un ruolo alcuni fattori occupazionali. Nel 70 % dei casi è colpito il 4° dito, poi il 5°, il 3°, il 1° ed il 2° con frequenza decrescente.
La mano colpita può presentare la flessione di uno o più dita, specie se in fase avanzata.
CAUSE
L’eziologia della malattia è tutt’oggi sconosciuta, ma sono state proposte nel tempo varie teorie per spiegare la eziopatogenesi di tale patologia su base microtraumatica, vascolare, autoimmune e genetica.
Tra i fattori di rischio generico sono stati evidenziati:
-l’abuso di alcol, forse per gli effetti che questo ha sul fegato;
-il fumo di sigaretta ed il diabete mellito, per le modificazioni microvascolari che si determinano in tutti i distretti del corpo (e quindi anche nella mano), ed in particolar modo per la microangiopatia, responsabile di un’ischemia localizzata;
-l’epilessia, per le alterazioni metaboliche causate dalla terapia farmacologica a base di barbiturici;
-gli interventi chirurgici al palmo ed i microtraumi ripetuti, poiché responsabili di microfratture dell’aponeurosi alla cui riparazione ripetuta può conseguire il processo di contrattura.
Importante fattore di rischio è anche la predisposizione genetica. Studi sulla popolazione hanno mostrato l’esistenza di una ereditarietà di tipo autosomico-dominante a penetranza incompleta per tale patologia.
A questo proposito recenti studi sperimentali indicano un sicuro ruolo da protagonista del gene che codifica la sintesi del Trasforming-Growth-Factor- Beta (TGF-Beta). Tale citochina è infatti dotata di attività profibrotica ed è stato dimostrato un aumento della sua concentrazione in pazienti affetti dalla malattia di Dupuytren.
MANIFESTAZIONE CLINICA
Classicamente la malattia di Dupuytren esordisce con la comparsa di uno o più noduli a livello palmare; questi originano in corrispondenza dei punti in cui le fibre longitudinali sono unite a quelle sepimentali e perforanti.
Successivamente le stesse fibre longitudinali sono coinvolte nel processo fibromatoso e si ispessiscono fino a formare dei cordoni che, retraendosi, provocano una flessione delle dita,, progressiva e irriducibile. La storia naturale della malattia condurrà, se non si interviene con un opportuno trattamento, alla diffusione del processo fibromatoso a tutta l’aponeurosi con conseguente deficit funzionale che interessa tutta la mano.
In relazione alla gravità del quadro clinico è stato possibile formulare la classificazione di Tubiana-Michon che distingue la malattia in cinque stadi:
STADIO N: presenza del nodulo senza alcuna flessione delle dita
STADIO I: angolo di flessione delle dita < 45 °
STADIO II: angolo di flessione delle dita tra 45° e 90 °
STADIO III: angolo di flessione delle dita tra 90 ° e 135 °
STADIO IV: angolo di flessione delle dita tra 135° e 180 °
La diagnosi della malattia di Dupuytren è essenzialmente clinica e si basa sull’apprezzamento palpatorio di uno o più noduli sottocutanei sulla superficie volare della mano. Tuttavia non ci si può basare sempre esclusivamente sulla presenza dei noduli alla palpazione per porre diagnosi, infatti questi ultimi possono anche scomparire nelle fasi più avanzate della malattia. Altri elementi su cui si può fare affidamento sono dati dai cambiamenti caratteristici della cute, che può presentare fossette ed escrescenze, e dalla progressiva flessione delle dita.
La diagnosi differenziale va posta con tutte le patologie nodulari e le contratture della mano come per es. tenosinoviti, cisti incluse, ipercheratosi occupazionali, forme callose, tumori a cellule giganti delle guaine tenosinoviali, artrite reumatoide e, nei bambini, la camptodattilia.
TRATTAMENTO
L’escissione chirurgica rimane ancora oggi l’intervento di elezione. Scarsi risultati si ottengono con trattamenti non chirurgici quali l’ultrasuonoterapia, l’infiltrazione di steroidi e/o gamma-interferone. Scopo dell’intervento chirurgico è restituire funzione alla mano e non curare la malattia, perciò la decisione se trattare o meno chirurgicamente tale patologia va presa in relazione al tipo di attività lavorativa svolta dal paziente, alla sua età ed alla rapidità con cui il processo di contrattura digitale si è sviluppato.
L’intervento non dovrebbe essere condotto troppo precocemente (stadio 0) né tardivamente, quando le eccessive aderenze, le forti retrazioni cicatriziali e le modificazioni in senso anchilotico delle articolazioni non renderebbero possibile una completa ripresa funzionale.
La tecnica attualmente più adottata è l’aponeurectomia selettiva, che consiste nell’asportazione solo di quelle aree della fascia palmare interessate dalla malattia, risparmiando la fascia non coinvolta dalla fibromatosi. L’asportazione di tutta la fascia palmare (aponeurectomia radicale) è indicata in pazienti con frequenti recidive o con forme aggressive di malattia come la Diatesi fibromatosa. Esistono differenti tipi di incisione cutanea, alcune, come quelle lineari lungo il raggio digitale, o che attraversavano perpendicolarmente le pieghe di flessione digitale, sono state abbandonate per l’alto rischio di retrazione cutanea che può riportare il dito operato in flessione coatta. Le incisioni a zig-zag di Brunner, le plastiche a Z, e l'incisione di Skoog, sono le più utilizzate.
Dopo la sutura, in genere realizzata con fili non riassorbibili (es. nylon), le dita operate vengono fissate in estensione con stecche rigide e si esegue un bendaggio moderatamente compressivo che viene rimosso dopo circa due giorni.
RIABILITAZIONE
La riabilitazione post-operatoria è una componente importante nella cura della malattia di Dupuytren, consente di ripristinare più velocemente la funzionalità della mano e di monitorare lo sviluppo di eventuali complicanze.
Dovrebbe iniziare intorno al terzo, quinto giorno dopo l’intervento, quando la ferita può tollerare i movimenti senza incrementare la risposta infiammatoria.
La riabilitazione post-operatoria prevede:
-Mobilizzazione attiva e passiva delle dita.
-Applicazione di un tutore statico e/o dinamico.
-Drenaggio dell’ematoma -Prevenzione dell’edema
-Trattamento precoce della Distrofia Simpatica Riflessa
La mobilizzazione attiva include la flessione e la estensione di tutte le articolazioni digitali senza causare tensione sulla ferita. Questo esercizio deve essere praticato per brevi periodi di tempo, in dieci, quindici ripetizioni, quattro sei volte al giorno. Anche il tutore statico ha un ruolo importante nella riabilitazione. Questo tipo di immobilizzazione si ha quando con l’operazione è stata ottenuta la piena estensione dell’articolazione interfalangea prossimale. Quando la correzione dell’articolazione interfalangea prossimale è completa, l’acquisizione della massima estensione potrebbe richiedere l’applicazione di un tutore dinamico. Questo tutore, indossato per tutto il giorno e rimosso solo per le medicazioni e per gli esercizi, va portato per otto o dieci settimane.
Dopo la guarigione della ferita e la rimozione della sutura, si inizia un trattamento per ammorbidire il tessuto cicatriziale: prima un terapista praticherà dei massaggi alla mano, dopo il paziente, adeguatamente istruito, seguirà un programma di massaggi specifico, due o tre volte al giorno. Adiuvanti di questa terapia sono la pressione nella regione volare, il calore umido e la terapia con ultrasuoni.
Un valido intervento chirurgico non previene lo sviluppo di complicanze, la cui incidenza è alta, tra il 17 e il 19 %, soprattutto in quei pazienti in cui la severità della malattia aveva richiesto un intervento chirurgico molto esteso. Le complicanze intraoperatorie includono:
-Lesione accidentale dei nervi
-Alterazione della circolazione ematica digitale.
Le complicazioni post-operatorie si dividono in immediate e tardive; le immediate sono:
-Ematoma
-Infezione
-Edema
L’ematoma può essere prevenuto con l’uso di una medicazione moderatamente compressiva effettuata prima della rimozione del tourniquet. Se si sviluppa un ematoma, deve essere immediatamente drenato, per evitare il rischio di infezioni e di necrosi del tessuto circostante.
L’edema post-operatorio va combattuto con l’elevazione dell’arto subito dopo l’intervento; se dovesse persistere lo si può controllare attraverso l’uso di bendaggi elastici.
Le complicanze postoperatorie tardive (che compaiono a distanza di 2-3 mesi) includono:
-Distrofia Simpatica Riflessa
-Retrazioni cicatriziali
La Distrofia Simpatica Riflessa, detta anche Algodistrofia, si caratterizza per un insieme di sintomi quali gonfiore, dolore, arrossamento cutaneo e/o cianosi: compare a distanza di qualche mese a carico della mano, dopo un qualsiasi intervento chirurgico o un trauma perfettamente guariti.
Fattori di rischio sono:
-Cicatrice persistentemente dolorosa al palmo della mano
-Predisposizione individuale
-Anomala reattività del Sistema Nervoso Vegetativo
-Iperemotività.
Clinicamente la distrofia si prresenta con:
-Violento dolore
-Edema tessutale
-Alterato colorito cutaneo (pallore e/o cianosi)
-Rigidità articolare.
In un substrato di predisposizione alla algodistrofia, possono essere considerate causa della malattia le seguenti condizioni:
-Manovre chirurgiche non correttamente eseguite
-Bendaggio troppo stretto
-Inadeguato trattamento antiedemigeno ed antalgico
La terapia si avvale della somministrazione di antiedemigeni, ansiolitici, analgesici. La fisioterapia rappresenta un ottimo coadiuvante della terapia farmacologia nella cura dell’algodistrofia.
In conclusione, la malattia di Dupuytren è una complessa condizione che altera la funzionalità della mano: per la diagnosi e la scelta del trattamento chirurgico è fondamentale affidarsi ad un chirurgo plastico o ad un ortopedico che abbia comprovata esperienza in chirurgia della mano.